
Il sito archeologico dei Piani di Barra
I resti già scavati e recuperati degli edifici dei Piani di Barra sono sparsi su cinque terrazze. Più in alto rispetto alle altre terrazze si trovava l’Edificio principale. Così chiamato, non solo per le sue discrete dimensioni e la disposizione dominante, ma anche perché era formato da tre grandi edifici a due piani ed un ampio cortile, nonché per i manufatti ritrovati al suo interno. Si trattava di: ciotole, bicchieri, vetri di finestre, lastre di marmo, stucchi colorati, piastrelle, porcellane pregiate, ma anche di un anello cloisonné, di un paio di speroni in metallo e soprattutto, di una strana “Corona Sospesa”.
Delle tre ali che sono oggi visibili, rimangono intatte solo le fondamenta di quella a nord e di quella ad est: la prima era suddivisa in diverse piccole stanze, tra cui una grande sala di ricevimento al secondo piano. La seconda ala, costituita da un lungo edificio, probabilmente era utilizzata quale caserma per gli Arimanni di guardia. Una terrazza alla fine dell’Edificio principale conteneva l’unica fonte d’acqua conosciuta e utilizzata all’epoca. La presenza di numerosi focolari, quasi uno per stanza, suggerisce che questi edifici erano utilizzati quali abitazioni. Tra i manufatti rinvenuti figurano delle ceramiche comuni e fini, pettini d’osso, pesi da telaio, ciotole di vetro ed oggetti metallici di uso quotidiano, quali coltelli ed anelli. La somiglianza tra la disposizione di alcuni edifici con tre stanze parallele e un portico in comune, suggerisce che si trattava di una specie di “condominio”.
La maggior parte degli edifici dei Piani di Barra era multifunzionale ed in alcuni edifici sono stati ritrovati elementi di stoccaggio, ovvero anfore. Inoltre, vari utensili per la lavorazione dei metalli, martelli e soprattutto mantici spessi circa un metro, sono stati rinvenuti su un ripido pendio, tanto che in alcuni punti è stato necessario sostenerli con pilastri. Sono ancora visibili le rovine delle antiche mura costruite ad un livello costante di 650-700 metri sul livello del mare.
L’accesso a questo pendio è di per sé abbastanza difficile: ci si chiede allora perché gli abitanti volessero difenderlo. Oppure, se si volesse solo collegare rapidamente con un camminamento le tre torri, costruite in un’altra zona ben più difendibile. Delle tre torri identificate e costruite su questo muro, solo due sono state scavate. Come il muro, le torri erano costruite in muratura. Le due torri scavate avevano entrambe tetti in tegole; una delle due torri era più piccola e costruita con dei contrafforti, mentre la terza torre era costruita con una profonda trincea di fondazione. La parete ovest della seconda torre presentava una scala della quale rimangono solo tre gradini interni e girava intorno alla parete nord passando sopra la porta.
Le fortificazioni dell’Eremo, già rilevate e scavate, sono costituite da mura e da una torre, entrambe rivolte a sud. L’Eremo è un affioramento roccioso in cima alla montagna, ma le sue mura non forniscono alcuna prova di datazione certa. Potrebbe essere esistito un edificio (il Castellozzo), costituito da un piccolo castello. Ma ciò non è accertato, perché il sito non è stato ancora scavato. A differenza delle altre torri, quella dell’Eremo è stata costruita in mattoni murati mischiati a macerie. Ciò potrebbe avere a che fare con la struttura precedente su cui è stata costruita, ampliata, oppure elevata la torre sud. La questione dei mattoni è particolarmente interessante. È possibile che una precedente struttura con tetto di tegole (forse un’altra torre) sia crollata. Le tegole ed i resti furono quindi utilizzati per costruire una nuova torre. Le fortificazioni non hanno prodotto alcuna prova di datazione certa, a parte una bella fibula di bronzo del V-VI secolo. E ciò conferma quanto gli edifici e le fortificazioni siano coevi.
Teodorico, che governò l’Italia nel 493 d.C., distribuì ai suoi uomini le terre di Odoacre, soprattutto nella Pianura Padana, creando un “centro gotico”. In seguito, nella regione alpina, istituì una serie di fortificazioni che avrebbero sostituito le vecchie truppe tardo-romane di confine, già note quali ”limitanei”. Supponendo quindi che il Monte Barro fosse una fortezza, la sua costruzione potrebbe essere attribuita a sforzi di fortificazione storicamente provati. La stratigrafia delle torri del “muraioo” e dell’Eremo, indicano due diversi periodi d’occupazione. Infatti, la torre del “muraioo” presenta un primo strato d’occupazione, il quale indica un breve periodo d’utilizzo, seguito da un nuovo strato di abbandono. In seguito, si è formato uno strato più ricco e spesso, che forse indica un periodo di occupazione più lungo. A questo segue la fase finale di distruzione ad opera dell’incendio.
L’Eremo, invece, suggerisce due distinti periodi d’occupazione, associati ad una delle torri costruite nello stesso sito. In assenza di prove cronologiche certe, è impossibile fare ipotesi sulla sua natura. Nel caso delle torri del “muraioo”, il primo livello d’uso può essere legato alla necessità di proteggere il sito durante la costruzione. D’altra parte, il secondo livello, d’uso più assiduo, può essere legato all’attività militare nella zona, forse causata dall’invasione bizantina dell’Italia (535 d.C.), quando c’era una maggiore necessità di vigilanza. Tuttavia, non è possibile fornire alcuna prova certa di una data esatta.
Tutti gli edifici e le torri sono stati rasi al suolo, suggerendo che l’insediamento abbia subito una totale distruzione. Infatti, nell’Edificio principale, il livello dei detriti stratificati che coprono l’intera ala nord, è una chiara indicazione del crollo di questa costruzione. Questo livello di distruzione risale alla conquista bizantina dell’Italia, cioè la Guerra Gotica, che iniziò nel 535 quando Belisario conquistò la Sicilia e l’Illirico. Poi condusse il suo esercito da sud a nord verso Ravenna. Mentre Ravenna era assediata, Milano ed il nord Italia, dove si era insediata la maggior parte dei Goti, si arresero ai Bizantini nel 538 d.C. Con l’avvenuta conquista di Ravenna la guerra gotica sembrava finita. Tuttavia, il nuovo Re, Totila, lanciò un’importante ribellione contro i Bizantini nel 540 d.C. Ciò prolungò la guerra per altri vent’anni prima della definitiva conquista da parte dei Bizantini nel 560 d.C.
Sarebbe davvero difficile attribuire la distruzione del sito sul Monte Barro ad un singolo evento bellico. È molto più ragionevole ipotizzare che il sito sia stato distrutto durante un periodo di guerra (540-560 d.C.) quando, tutta la Pianura Padana era in costante stato bellico e di pestilenza e che il sito sia stato così abbandonato e depredato per vari secoli.
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